martedì 6 ottobre 2009

Dodici domande a Marco Barbarin (Amministratore Delegato Intermek) sulla situazione socio-economica di Pordenone

1. Secondo Lei, quali insegnamenti trarre dall’attuale crisi economica?
Mi ricordo una frase di Orazio: “est modus in rebus”. Ritengo che l’attuale crisi segua un periodo di eccessiva euforia finanziaria/produttiva; potrà portare qualche insegnamento solo se recupereremo un approccio più moderato al perseguimento del benessere.

2. Come giudica oggi la difficoltà nelle persone di riconoscere il senso di appartenere ad una comunità e di agire oltre il proprio interesse?
E’ grave, soprattutto perché facente parte di un più generale smarrimento di senso. L’appartenenza alla comunità e l’interesse collettivo sono concetti complessi un po’ dimenticati ma che dovremmo sforzarci di frequentare più spesso.

3. Dal Suo particolare punto d’osservazione, come la crisi sta influendo sui rapporti di solidarietà sociale nei confronti dei più deboli?
Vedo che le persone reagiscono in modo diverso alle difficoltà: alcuni aumentano l’impegno sociale/solidaristico mentre altri si chiudono in un atteggiamento egoistico. A qualche scivolone nell’intolleranza pongono rimedio le istituzioni, a mio avviso, recentemente, più reattive in quest’ambito.

4. Esiste ancora il cittadino che costruisce relazioni, che agisce secondo dei valori per il bene comune?
Certo, ci sono molti cittadini che agiscono per il bene comune, solo che non perdono occasione di “costruire” ed evitano la “pubblicità”. Come si suole dire, “il bene non fa rumore”; sembra non ce ne siano più ma, se così fosse, saremo già alla disfatta della società, e cosi non è.

5. Come ritrovare il senso del limite in relazione all’accumulo senza beneficio della società?
Questo è un tema enorme, gli stessi governanti e filosofi non hanno ricette efficaci. Credo che tutto debba essere valutato nella dimensione personale più che sociale, non credo che la società possa sviluppare un senso del limite senza compromettere il libero arbitrio. La soluzione deve essere individuale.

6. Quale posto hanno le fragilità, le vulnerabilità sociali nella nostra comunità?
Credo che queste sensazioni collettive debbano essere interpretate come un campanello d’allarme più che mancanza di sicurezza sociale. Sono richieste d’aiuto che la comunità amplifica per sollecitare le persone alle proprie responsabilità di cittadini.

7. Si può ancora parlare di cultura dell’accoglienza, nel nostro territorio, che vanta di fatto un ottimo livello di convivenza con gli stranieri, mentre si esprimono sempre di più opinioni contrarie?
Al di là di quanto ci viene mostrato il più delle volte dai mezzi di comunicazione, nel nostro paese c’è una forte componente di integrazione, basti pensare a quanta forza lavoro immigrata viene impiegata nelle nostre aziende e a quanto sia limitato nelle scuole il numero di classi non multietniche. Opinioni contrarie, contrarie alla cultura dell’accoglienza, devono tenere in considerazione la nostra Costituzione, che riconosce e garantisce i diritti inviolabili della persona, e la Carta dei valori del 2007, che riconosce e garantisce i diritti di cittadinanza e d’integrazione.
Questo rappresenta una grande protezione per tutte le persone che vivono e condividono la nostra cultura.

8. Quali sono, secondo Lei, i valori dai quali partire oggi per recuperare speranza e fiducia nel futuro?
L’Italia è uno dei Paesi più antichi d’Europa, espressione della cultura classica greca e romana. Si è sviluppata nell’orizzonte del cristianesimo e ha contribuito al riconoscimento dei principi di libertà e di giustizia, principi fondamento della Costituzione e delle istituzioni europee. Credo che nel nostro passato ci siano sufficienti esempi e spunti per avere speranza; il concretizzarsi di questa dipende solo dal nostro impegno.

9. A che punto siamo con la costruzione di una città aperta e abitabile per tutti?
Non ho la visibilità necessaria per rispondere a questa domanda; sicuramente le istituzioni sono impegnate costantemente in quest’opera di costruzione, attraverso lo sviluppo di azioni che consentano un reale inserimento di tutti nel tessuto sociale, mediante il coinvolgimento di tutti allo scopo di prevenire ogni forma di discriminazione, sostenendo i diritti di cittadinanza sociale soprattutto per minori, adolescenti, donne e richiedenti asilo.

10. Come promuovere la costruzione di una società, a partire dalla nostra comunità, nella quale la persona sia al centro della convivenza civile?
La società d’oggi sembra apprezzare più il consumo che la partecipazione. Un passo importante e’ proprio quello di re-impadronirsi della propria identità. Credo che sia sufficiente questo per poter affermare che la persona e’ il centro della convivenza civile.

11. Quali sono i settori economici sui quali puntare per andare oltre la crisi? (per gli imprenditori: come la Sua impresa sta affrontando questo momento di crisi? Guardando con fiducia al futuro, quali le previsioni sui tempi di ripresa? Ci sono prospettive per i più giovani?)
La risoluzione della crisi e’ un processo complesso che coinvolge principalmente gli Stati e le politiche economiche. Più localmente, la nostra tradizionale vocazione al lavoro unita ad uno spirito innovativo, credo, che ci porterà presto fuori da questo tunnel. Personalmente credo molto nello sviluppo di nuove idee nel settore energetico/fonti rinnovabili. All’interno della nostra Azienda stiamo pensando ad un progetto in quest’ambito, ma per ora sono solo idee.

12. Quale senso rinnovato dare oggi al lavoro e quale motivazione recuperare sul piano della solidarietà tra lavoratori?
La motivazione è un elemento chiave della scelta professionale perché è fondamentale per affrontare gli ostacoli e per raggiungere gli obiettivi. La motivazione è tanto più forte quanto più valore ha l’obiettivo. Capire il significato profondo, la missione, la finalità della propria attività lavorativa, permette di costruire un obiettivo professionale alimentato da una forte motivazione, il carburante che garantisce l’impegno per raggiungerlo.

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