lunedì 3 agosto 2009

dal GAZZETTINO, Mercoledì 24 Giugno 2009


«Le persone non sono una zavorra»

San Vito al Tagliamento
«State subendo una discriminazione: auspico un sussulto di coscienza». Il monito rivolto ai dirigenti del Gruppo Luvata è del vescovo Ovidio Poletto, ieri in visita allo stabilimento. Ad accogliere il presule, i sindacati e più di una dozzina di sindaci di Comuni sparsi tra le province di Pordenone e Udine (con tanto di fascia tricolore), è stato il direttore dello stabilimento Franco Mantovanelli che, nel presentare l’azienda (a tratti con voce commossa), ha evidenziato «il patrimonio che stanno rovinando. E non sto parlando dei macchinari che si possono sempre comprare ma delle persone, del team che fa grande questo stabilimento». Al termine del tour, un grande applauso ha accolto l’arrivo del vescovo: di fronte c’erano tutti i lavoratori dello stabilimento (oltre i 150 dipendenti, anche figli piccoli e parenti). «È una brutta vicenda – ha esordito il presidente del Consorzio Ponte Rosso, Roberto Campaner -: mi viene un groppo alla stomaco per come sono stati calpestati i principi etici del mondo del lavoro». A nome di tutti i sindaci presenti, ha preso il microfono quello di San Vito al Tagliamento, Gino Gregoris: «Si tratta di un esempio "nero" di come taluni industriali intendono il lavoro». Ha poi annunciato che verrà elaborato un ordine del giorno e ha concluso assicurando ai lavoratori: «Non vi lasceremo soli». Loredana Dreosto, la rappresentante dei dipendenti, ha parlato a nome di tutti: «Ci hanno tolto la dignità». Cristiano Pizzo della Fim-Cisl (c’erano pure Renato Pizzolito e Daniele Morassut) ha riassunto quando avvenuto nelle ore precedenti a Udine, al tavolo tra proprietà, sindacati e Regione, riaffermando l’obiettivo primario: «Riuscire a prendere tempo, 30 giorni per elaborare soluzioni alternative alla chiusura». Massima attenzione per l’intervento del presule: «Prima di tutto va riconosciuto il capitale umano e chi non crede in questi valori soffre di cecità e avarizia». Ha poi citato un documento della Cei («le persone non possono essere considerate alla stregua di zavorra») e si è appellato alla proprietà per «un’onesta di coscienza».
Emanuele Minca

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